Fino agli ultimi decenni del diciannovesimo secolo il Metodo Classico costituiva la procedura d’obbligo per la produzione di vini spumante. Fu solo nel 1895 che tale metodo venne migliorato da F. Martinotti: questo permetteva un risparmio sui tempi di produzione ed un abbattimento sensibile dei costi. Il nuovo metodo prevede la fermentazione del vino in contenitori di acciaio inox (autoclavi) sotto costante pressione e temperatura controllata. Il brevetto del metodo (molto funzionale) fu registrato nei decenni a seguire da E. Charmat, da qui prende il nome del metodo conosciuto oggi universalmente come Metodo Charmat.
Spumante Metodo Martinotti e metodo classico
Come abbiamo visto nel precedente articolo (spumante Metodo Classico), proseguiamo a parlare di spumante, approfondendo il secondo metodo si spumantizzazione:
il Metodo Martinotti detto anche Charmat.
Quali vitigni per lo spumante Charmat?
Questo metodo è utilizzato per ottenere principalmente spumanti dolci, perché riesce a conservare le caratteristiche aromatiche e fruttate tipiche dei vitigni che si utilizzano per produrli.
Tuttavia ci sono anche apprezzabili risultati nella produzione di spumanti secchi con l’utilizzo di vitigni tipicamente impiegati per il Metodo Classico.
I vitigni principalmente utilizzati restano comunque, quelli aromatici: moscato bianco, moscato giallo, malvasie, glera, brachetto.
Il procedimento: come si ottiene lo spumante charmat
Il procedimento è stato ideato dall’Italiano Federico Martinotti ed aveva l’obiettivo di fornire un metodo produttivo più veloce e meno dispendioso della rifermentazione in bottiglia, fu brevettato e costruito però, da un ingegnere francese Eugene Charmat, da qui il duplice nome per individuare questo metodo di spumantizzazione.
L’idea prevede la rifermentazione direttamente in autoclave, come nel metodo classico si sceglie la cuvèe selezionando i vini base chiarificandoli e filtrandoli, così una volta stabilizzati, passano nell’autoclave dove avviene l’aggiunta dei lieviti selezionati o pied de cuvèe.
La fermentazione è generalmente breve, infatti in base alla normativa UE per gli spumanti di qualità non deve essere inferiore agli 80 giorni, mentre tra la rifermentazione e la commercializzazione devono passare almeno 6 mesi.
Trascorso il tempo necessario lo spumante viene travasato e filtrato in un’altra autoclave, il passaggio naturalmente avviene in condizioni isobariche per evitare perdite di anidride carbonica. Successivamente si passa ad una seconda filtrazione, all’imbottigliamento ed alla tappatura sempre in condizioni rigorosamente isobariche.
Come riconoscere uno spumante metodo Martinotti?
All’esame visivo i colori degli spumanti ottenuti con metodo Martinotti risultano più tenui rispetto a quelli ottenuti con Metodo Classico, generalmente si attestano su un giallo paglierino non molto carico, in qualche caso presentano anche dei riflessi verdolini, da un punto di vista olfattivo invece i sentori sono più fragranti, più vivaci, vi si possono riconoscere frutta e fiori appena colti ed erbe aromatiche, al gusto sono decisamente meno strutturati e più freschi ed il perlage non è altrettanto fine, quanto gli spumanti Metodo Classico.
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